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Lo stress fa venire i capelli bianchi

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Non è solo un’impressione, lo stress fa davvero venire i capelli bianchi. Lo conferma una ricerca condotta da Ya-Chieh Hsu dell’Università di Harvard e pubblicata su Nature.
Gli scienziati stavano conducendo uno studio sul dolore su modello murino. Hanno somministrato alle cavie una tossina per indurre il dolore e meno di un mese dopo il pelo degli animali era diventato bianco. A quel punto, hanno iniettato anche un farmaco in grado di inibire la trasmissione alle fibre nervose simpatiche.
«Il processo di perdita del colore del pelo è stato bloccato dal trattamento», ha spiegato Thiago Mattar Cunha dell’Università di San Paolo in Brasile. «Sotto stress, il sistema nervoso simpatico è molto più attivo e questa dovrebbe essere in genere una buona cosa – ha sottolineato in una nota Ya-Chieh Hsu -, ma la sua attivazione rilascia grandi quantità di un neurotrasmettitore chiamato  noradrenalina che, per quanto ci consenta di agire rapidamente di fronte a una situazione di pericolo, viene però assorbito dalle cellule staminali che rigenerano il pigmento responsabile del colore dei capelli e che si trovano nel bulbo pilifero, favorendone così la rapida riduzione. Gli esperimenti sui topi hanno quindi mostrato come tutte le cellule staminali che rigenerano i pigmenti vengano perse in pochi giorni: una volta sparite, non è più possibile rigenerarle. Questi risultati potrebbero aiutare a fare luce su come lo stress influisca su altri tessuti e organi e aprire quindi la strada per nuovi studi, volti a indagare come modificare o bloccare gli effetti dannosi dell’affaticamento eccessivo».
A confermare il nesso è anche uno studio pubblicato su Nature Medicine da alcuni ricercatori della New York University, che individua nella perdita di cellule staminali del follicolo pilifero causata dallo stress la responsabilità principale della comparsa dei capelli bianchi.
I ricercatori americani hanno scoperto un recettore coinvolto nella migrazione delle staminali del follicolo, chiamato Mc1r, il quale stimola l’allontanamento dei melanociti dal follicolo in una situazione di stress psico-fisico: “gli ormoni dello stress potrebbero rendere eccessiva questa migrazione e alla fine i capelli bianchi potrebbero essere l’effetto dell’esaurimento di melanociti staminali del follicolo”, ha spiegato Rick Sturm, uno degli autori dello studio.
Un team di ricercatori giapponesi dell’Università di Kanazawa ritiene invece che molecole tossiche e raggi ultravioletti causino uno stress genotossico che contribuisce a far diventare i capelli bianchi. Viene infatti danneggiato il DNA delle cellule staminali contenute nei follicoli piliferi. Sono queste le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori nipponici, che hanno pubblicato il loro studio sulla rivista “Cell”.
Non soltanto l’età e i fattori genetici sarebbero responsabili dell’incanutimento della chioma, ma anche l’esposizione all’inquinamento e ai raggi solari nocivi. Lo stress genotossico si verifica di norma nella vita di tutte le cellule, ma alcuni fattori ambientali e alcune abitudini possono accelerarne il processo.
La sperimentazione condotta nel Sol Levante ha dimostrato che i peli di alcuni topolini diventavano da neri a grigi dopo essere stati esposti a raggi X e raggi chemioterapici: questo avviene per una perdita accelerata di melanociti, le cellule che producono la melanina, il pigmento naturale di pelle, peli e capelli. Emi Nishimura, ricercatrice della Tokyo Medical and Dental University che ha guidato lo studio, spiega che ogni persona nasce con una certa riserva di melanociti e la erode pian piano nel corso della vita, tuttavia alcune situazioni particolari di stress possono accelerare questo processo. Danneggiando le staminali dei melanociti si può giungere rapidamente alla decolorazione di peli e capelli.
Le applicazioni di quest’indagine potrebbero anche essere altre e ben più importanti: è noto, infatti, che il danneggiamento del DNA dei melanociti è tra le cause del melanoma, grave tumore cutaneo. Riuscire a impedire o rallentare questo fenomeno di deterioramento cellulare potrebbe, dunque, costituire una terapia di supporto contro alcuni tumori.
La frase della saggezza popolare che imputa a stress, tensioni, forti spaventi e dispiaceri l’imbiancamento dei capelli ha una sua base scientifica: è dimostrato, infatti, che tensioni e paure fanno perdere al capello la melatonina, ormone che gli conferisce la sua colorazione naturale, oltre a rischiare di farlo sfibrare e cadere.
La nuova frontiera della scienza estetica promette ora di far diventare i capelli bianchi un ricordo del passato o una scelta di chi non vuole rinunciare al fascino di una chioma brizzolata.
Una ricerca svolta da un gruppo di studiosi inglesi e tedeschi ha sviluppato una tecnica capace di ripristinare il colore originale anche nei capelli già bianchi. Lo studio è ancora in fase sperimentale, ma promette di essere un ottimo punto di partenza, stante i primi buoni risultati dei test condotti in laboratorio, per futuri sviluppi delle biotecnologie estetiche.
Partendo dalla considerazione che la canizie si verifica non solo col passare dell’età, ma anche in seguito a stress acuti e a malattie del cuoio capelluto, i ricercatori delle Università di Manchester e Lubecca hanno cercato di invertire il processo di imbiancamento sintetizzando in laboratorio il peptide K(D)PT, molecola con le stesse caratteristiche e funzionalità dell’ormone MSH, che stimola normalmente la produzione di melanina, il pigmento che dà colore ai capelli.
L’esperimento scientifico si è svolto su capelli prelevati da un campione di donne tra i 45 e i 65 anni, nelle quali era stata in precedenza provocata artificialmente un’infiammazione della cute, tale da poter riprodurre verosimilmente le due più comuni patologie dermatologiche. Questo è stato fatto perché la canizie non senile si manifesta spesso in chi ha dovuto combattere malattie della pelle come l’alopecia areata e telogen effluvium, che recano con sé le nefaste conseguenze estetiche di un indebolimento dei capelli, della loro decolorazione e caduta.
Ebbene i capelli di questo gruppo di donne, trattati col peptide K(D)PT, hanno riacquistato completamente la loro colorazione originaria.
È ancora troppo presto per dimostrarsi entusiasti della scoperta, visto che essa non è stata ancora sperimentata direttamente sull’uomo, tuttavia il risultato raggiunto dalla scienziati britannici e germanici costituisce una promettente base per futuri sviluppi della ricerca in questo campo.
Coloro che, soprattutto giovani e bambini, si ritrovano precocemente una chioma bianca a causa di malattie, possono ora sperare di poter riacquistare il naturale colore dei loro capelli.
«Il K(D)PT merita di essere studiato a fondo come un nuovo agente anti-canizie», ha dichiarato il dottor Ralf Paus, a capo della ricerca, «in particolare nei trattamenti dell’imbiancamento dei capelli post-infiammatorio che spesso si verifica durante la fase di guarigione dall’alopecia areata».
Sebbene in molti ritengano affascinante una chioma sale e pepe, specialmente per gli uomini, in Europa e in America questa opinione è decisamente minoritaria: circa il 66% delle americane si tinge i capelli e lo stesso fa il 75% della popolazione italiana over 40, senza particolari differenze tra uomini e donne.
Uno studio scientifico, condotto dal biologo Gerald Weissmann per conto della Federation of American Societies for Experimental Biology (FASEB), ha ricercato le cause dell’imbiancamento dei capelli col trascorrere dell’età.
I risultati raggiunti indicano nei radicali liberi i principali responsabili dell’ingrigimento dei capelli e, poi, del loro diventare bianchi: in particolare è il perossido di idrogeno, componente principale dell’acqua ossigenata e prodotto naturalmente dal nostro corpo, a decolorare le nostre chiome negli anni accumulandosi nel cuoio capelluto e nei capelli.
Per Weissman, che ha pubblicato la sua ricerca sulla rivista ufficiale della FASEB di cui è il direttore, è ora possibile ricercare una soluzione contro la canizie a livello biochimico e molecolare e cercare di invertire il processo di invecchiamento.
Il cuoio capelluto è la zona, individuata dallo studio, dove maggiormente si accumulano i radicali liberi nel tempo: questo avviene a causa di ciò che mangiamo e del continuo processo di lavatura e asciugatura dei follicoli piliferi, tutti fattori che possono impoverire il capello del suo colorante naturale, la melanina.
Un altro motivo che porta prima e più facilmente ad avere capelli bianchi è la carenza di antiossidanti, in primo luogo dell’enzima catalasi: tale molecola, infatti, è stata riscontrata in quantità ridotte in chi soffre di vitiligine, malattia dermatologica che causa la depigmentazione della pelle.
Per il tricologo Giovanni Sportelli la decolorazione dei capelli può essere dovuta sia alla carenza della catalasi che allo stress ossidativo alimentare e non: bisogna precisare, tuttavia, che alcune persone hanno una configurazione genetica che fa loro produrre meno enzimi antiossidanti.
Il dott.Weissman spiega che tutte le cellule che compongono la nostra chioma producono una minuscola quantità di perossido di idrogeno, che però aumenta quando invecchiamo.
I capelli vengono scoloriti dunque da noi stessi e dall’interno, diventando prima grigi e poi bianchi: per contrastare l’imbiancamento delle nostre chiome una squadra di dodici studiosi, provenienti da atenei tedeschi e britannici, ha svolto una sperimentazione clinica sui follicoli piliferi di vari uomini e donne con diverse molecole chimiche, osservando poi il loro effetto sui capelli.
Dalle analisi svolte si è individuato nell’antiossidante L-metionina, un amminoacido essenziale, un potenziale alleato contro la depigmentazione dei capelli.
Questa sostanza è naturalmente contenuta nei cereali e nella soia e potrebbe spiegare perchè gli orientali, che consumano ingenti quantità di questi cibi, conservano più a lungo il colore naturale delle loro chiome.
Gli studiosi sono cauti, però, sull’utilizzo estetico della L-metionina, non essendo ancora provata al 100% la sua efficacia e sicurezza.
La scoperta del peptide artificiale K(D)PT da parte delle università di Manchester e Lubecca apre, inoltre, speranze per recuperare il colore dei capelli di quando si era più giovani: anche qui, tuttavia, bisogna attendere altre conferme scientifiche e cliniche prima di dichiarare sconfitti per sempre i capelli bianchi.